Allattamento e lavoro: situazioni a rischio, diritti e consigli

L’allattamento al seno è quanto più indicato per il tuo bambino. Ma se devi tornare a lavoro come si fa? Molte donne pensano che non ci sia altro rimedio che il latte artificiale perché effettuare l’allattamento a richiesta non è più possibile. E’ sicuramente più comodo e comporta meno stress ma con qualche piccolo accorgimento e un po’ di flessibilità è possibile continuare a offrire al tuo bambino il latte materno e tutti i benefici che ne comporta.

Estrazione e conservazione del latte

Allattamento e lavoroPuoi estrarre il tuo latte in due modi: con la spremitura manuale che dura dai 15 ai 20 minuti per lato o con il tiralatte (manuale o elettrico) con il quale bastano 10-15 per volta. Effettua la spremitura in un luogo silenzioso e tranquillo, meglio se di mattina. Concentrati su tuo figlio e rilassati, puoi anche effettuare degli impacchi caldi prima della spremitura.

Cerca di portare sul luogo di lavoro una borsa frigo per conservare il latte fino al ritorno a casa. Indossa sempre un abbigliamento quanto più comodo possibile. Per fermare le perdite di latte e non macchiare maglie e camicie utilizza delle coppette assorbilatte.

E’ possibile spremere il seno una o due ore dopo la poppata per assicurarti di soddisfare le esigenze di tuo figlio oppure dopo ogni poppata raccogliendo il latte da più poppate. E’ anche consigliato tirare il latte da un seno mentre con l’altro si effettua la poppata approfittando del riflesso che facilita l’uscita del latte anche dal seno non stimolato direttamente.

Ma come capire quanto latte serve al bambino?

Nelle prime tre settimane la mamma che non è ancora tornata a lavoro può imparare a conoscere le esigenze di suo figlio per regolarsi con l’estrazione una volta fuori casa. Una giornata di “prova” può aiutarti ad organizzarti meglio: ad esempio programmando un’uscita e cominciando ad abituare il tuo bambino alla tua assenza. Programma di tirarti il latte aggiungendolo alle tue riserve.

Il latte estratto deve essere conservato in frigo, congelato o anche mantenuto a temperatura ambiente a seconda delle necessità: nel congelatore puoi tenerlo circa 3-4 mesi, nello scomparto per il ghiaccio si mantiene fino a due settimane mentre nel frigo non dura più di 5-8 giorni.

Una volta scongelato deve essere consumato nelle 24 ore. Non puoi riscaldarlo e congelarlo di nuovo.

Se noti che il latte cambia odore e sapore non congelarlo ma offri a tuo figlio solo quello spremuto in giornata. Per lavare i contenitori usa acqua calda e detersivo una volta al giorno.

Tieni conto che la qualità del latte cambia a seconda delle esigenze di tuo figlio dovute alla sua crescita per cui non mettere da parte più di 12 sacche da 120 grammi da utilizzare ogni 4 settimane e utilizzando ovviamente prima il latte più vecchio.

Come dare il latte se non c’è la mamma

Per non disabituare il neonato alla suzione al seno si possono trovare delle alternative al biberon come ad esempio una siringa, un cucchiaio o una tazzina, oppure i biberon simili al seno. Questo perché il modo di succhiare il seno è molto diverso rispetto alla modalità di suzione dal biberon e il bambino potrebbe cominciare a rifiutare il seno.

Occorre tenere il bambino in una posizione verticale e appoggiare la tazzina o il bicchierino sul labbro inferiore in modo da far leccare il latte al bambino.

Se si preferisce il biberon occorre fare attenzione a sceglierne uno con tettarella non molto rigida e larga e con la punta corta e stretta. Anche in questo caso il bambino va tenuto in posizione verticale, quasi seduto con il biberon in posizione orizzontale e la tettarella sempre piena di latte.

Vedi anche neonato rifiuta il biberon.

I permessi dal lavoro

La madre lavoratrice è tutelata dalla legge con ore di riposo giornaliero che le possano permettere di non smettere di dedicarsi a suo figlio anche una volta terminato il congedo obbligatorio (ovvero il diritto della donna lavoratrice di assentarsi dal posto di lavoro nei tre mesi successivi al parto).

La donna dipendente che ha un lavoro full time ha diritto a due ore di riposo giornaliero (anche cumulabili), mentre la donna che ha un impiego part time ha diritto ad un’ora. Queste ore di riposo giornaliero si raddoppiano in caso di gemelli.

E se cambi lavoro? Anche se abbandoni il tuo lavoro precedente per una nuova opportunità lavorativa i tuoi diritti non vengono persi: hai sempre diritto alle ore di riposo giornaliero che ti spettano e di cui ti puoi avvalere fino al primo anno di vita di tuo figlio.

Se la donna è lavoratrice autonoma o comunque non se ne avvale queste ore di riposo spettano al padre dipendente se ne fa richiesta. Sono considerate vere e proprie ore di lavoro che portano alla maturazione della retribuzione. Queste ore retribuite vengono anticipate dal datore di lavoro e dopo rimborsate dall’Inps.

Sta attenta a far rispettare i tuoi diritti: il tuo datore di lavoro non deve ad esempio confondere la pausa pranzo, dove prevista, con le ore di permesso che ti spettano. Sono due pause dal lavoro alle quali hai diritto ma totalmente separate l’una dall’altra per cui non permettere che si cerchi di accorparle per nessuno motivo. Stessa cosa vale per i buoni mensa ai quali hai diritto in ogni caso.

La donna lavoratrice non potrà però esimersi da effettuare straordinari o turno domenicale se rientra nel contratto di lavoro purché il datore di lavoro rispetti le ore di riposo giornaliere. Mentre deve essere assolutamente esonerata dal lavoro notturno fino al primo anno di vita di suo figlio (diritto proprio). Il padre invece può esserne esonerato dal lavorare in questa delicata fascia oraria solo in caso la madre rinunci a questo diritto (il suo viene definito diritto derivato).

Certo queste ore di riposo non sempre bastano per continuare ad allattare al seno, specialmente nel caso di allattamento a richiesta: per questo motivo molte donne sono tentate di ricorrere al latte artificiale, che è sicuramente la via più comoda. Si può però cercare di far capire al proprio datore di lavoro l’importanza di questo momento chiedendo una stanza a disposizione all’interno del luogo di lavoro in modo da poter tirare il latte da dare al bambino o magari per poterlo direttamente allattare. Ci sono casi in cui gli stessi datori di lavoro offrono una zona nido per le mamme lavoratrici, anche se sono davvero rari.

Il lavoro a rischio

La legge tutela anche la donna che lavora in condizioni che possono essere rischiose per l’allattamento.

Come funziona: se hai un lavoro che può mettere a rischio la salute del tuo bambino perché capace di pregiudicare il latte che gli fornisci devi comunicare al tuo datore di lavoro la nascita di tuo figlio e la volontà di tornare al lavoro al termine dei tre mesi che ti spettano. Il tuo datore di lavoro dovrà verificare se la tua mansione è nociva per l’allattamento e nel caso affidarti un’altra mansione temporanea che non risulti essere rischiosa, modificando dove serve anche le condizioni e gli orari di lavoro e informando di questo il Servizio Ispezione del Ministero del Lavoro.

Se il rischio non può essere evitato in alcun modo occorre informare il Servizio Ispezione della Direzione Territoriale del Lavoro che provvederà ad interdire la donna lavoratrice anche sino a 7 mesi dopo il parto a seconda dei casi.

Quando la donna lavoratrice rischia di danneggiare il proprio latte?

  • a causa di agenti fisici: la presenza di radiazioni all’interno del posto di lavoro, se è a contatto con rumore industriale, se subisce vibrazioni sugli arti superiori o se lavora a bordo di mezzi di comunicazione come navi, aerei, treni, ecc.; se è soggetta a sollecitazioni termiche (troppo caldo o troppo freddo);
  • a causa di agenti biologici: se è esposta ad agenti chimici ad esempio nel caso di donne che lavorano in lavanderia o in ospedale; se a contatto con mercurio, piombo e derivati; se utilizza pesticidi come chi lavora nel settore dell’agricoltura; se è a contatto con macchinari che utilizzano il monossido di carbonio; se è a contatto con sostanze cancerogene, sensibilizzanti, nocive, tossiche, corrosive o estremamente infiammabili;
  • altri rischi quali lo spostamento di carichi pesanti, dover stare in piedi diverse ore, lavoro notturno (dalle 24 alle 6), se lavora su scale o impalcature come nel caso del lavoro domestico.

Non dimenticare che essere mamma è un diritto così come lo è essere una madre che lavora. Informati presso gli enti competenti e non aver timore nell’esigere quello che ti spetta. Per il tuo bene e quello del tuo bambino.